SOFFOCARE:
LA LENTA AGONIA DEI PESCI NEI MARI ITALIANI
SOFFOCARE:
LA LENTA AGONIA DEI PESCI NEI MARI ITALIANI
Nell’immaginario collettivo alcuni animali sono considerati meno animali di altri, ed in quella classifica più o meno consapevole che ognuno di noi percepisce nel suo giudizio e grado di empatia, i pesci si posizionano troppo spesso in fondo: i meno “animali”, “intelligenti”, “sensibili”.
È questa una comune dissonanza, dettata da pregiudizi e mancanza di approfondimento circa le sorprendenti capacità che contraddistinguono ogni diversa specie ed individuo marino l’uno dall’altro. Ad Animal Equality pensiamo che anche i pesci – termine vago e vastissimo, che in realtà include un mondo di animali molto diversi tra loro, uniti dalla vita in acqua – meritino tutta la nostra compassione.
Comprendere la vita sott’acqua può non essere semplice e troppo spesso non pensiamo a cosa possa significare per un pesce vivere e poi morire venendo strappati al proprio ambiente naturale.
Vogliamo aprire una discussione più ampia partendo da questo primo reportage per mostrare cosa significhi davvero per questi animali essere catturati in reti sempre più affollate, gli uni schiacciati sui corpi degli altri, per poi essere uccisi a bordo di una nave o durante il percorso che li condurrà sui banchi dei mercati.
Siamo riusciti ad introdurci su un peschereccio, filmando sotto copertura quello che avviene nel Mediterraneo, e abbiamo visto la condizione in cui si trovano questi piccoli animali, precocemente strappati al loro ambiente naturale, il mare.
CORPI CHE SI CONTORCONO, in CERCA DI UNA FUGA
Ci siamo imbarcati al largo di quella fetta di mare blu che si incastra tra la Sardegna e la nostra Penisola.
Terra di pescatori, dove lavorare nei mari, ad oggi, è da considerarsi più un’abitudine che non una scelta, facente parte del contesto sociale e storico di un luogo quale la Sardegna.
Proprio per questo abbiamo scelto di cominciare qui un viaggio che non promettiamo breve, un viaggio nel mondo dei pesci di cui questo mini documentario è solamente il primo tassello.
Siamo riusciti a salire e filmare grazie all’astuzia dei nostri investigatori, riuscendo così a catturare ogni fase del lavoro sui pescherecci.
La prima immagine a cui abbiamo assistito è quella di una rete immensa, la trappola perfetta, in grado di contenere centinaia di migliaia di pesci. Verrà lanciata e issata sulla nave quattro volte in 24 ore, perché questa è le frequenza con cui i pesci vengono strappati al loro ambiente naturale.
La rete sale piano, fino a posizionarsi in cima al ponte della nave, uno spazio sufficiente per la caduta, quando si apre. Crollano al suolo centinaia di migliaia di pesci di ogni genere, un fiume in piena di esseri viventi che si dibattono alla disperata ricerca di quello che più manca loro, l’acqua.
Essi non respirano, agonizzano, cercano quella che per loro è una boccata d’aria fresca, ovvero i flutti e gli abissi dell’ambiente marino.
Non possono urlare, ma le loro bocche spalancate e vuote suggeriscono nell’assenza quel grido che non riusciamo ad ascoltare.
Anche i loro corpi parlano chiaro. Abbiamo visto squaletti contorcersi per minuti lunghissimi, alla disperata ricerca di un sollievo, mentre un’anguilla girava su se stessa morente, con occhi che in quella circostanza sembravano sbarrati in attesa della morte e non per conformazione fisica.
Siamo abituati a vedere questi corpi muoversi sinuosi nelle acque, quelle acque che durante le calde estati italiane visitiamo con tanta curiosità, pronti a scoprire che cosa si nasconde tra gli scogli, a scoprire con meraviglia il piacere di nuotare in mezzo a pesci colorati e cangianti, che si muovono in branco, vicini, uniti, compagni.
Ma questa volta i loro movimenti sono gonfi di sofferenza, di disperata ricerca di un sollievo che non arriva.
Al contrario, alcuni vengono addirittura riposti ancora vivi in quelle ceste che li porteranno ai mercati del pesce e alle pescherie, mentre un’aragosta e uno squaletto cercano di scappare prima della fine.
E i corpi considerati inutili vengono gettati nuovamente in mare, lanciati con violenza (un sollievo? Una speranza? A guardarli volare non si può che sperare che siano ancora vivi e che quel gesto umano sgraziato sia in realtà l’ultima possibilità di salvarsi) o gettati via come fossero spazzatura, insieme a plastica e mobili che vengono tirati su proprio dalle reti.
È questo il mare che vogliamo?
LA SITUAZIONE DEL MAR MEDITERRANEO: UN TRAGEDIA ANNUNCIATA
Sono anni che gli esperti, le Nazioni Unite e tutti gli enti che operano nei mari richiamano l’attenzione su questo problema: la pesca illegale, i consumi folli, lo spregio delle vite che abitano i mari porteranno presto ad oceani senza pesce. La data fatidica è stata fissata: il 2048 sarà l’anno in cui i pesci marini spariranno.
E ci sono anche report più recenti che hanno messo in luce la causa di questo scenario terribile.
Gli ultimi dati sulla situazione nel Mar Mediterraneo sono di pochi mesi fa.
Secondo l’ultimo report della FAO “The State of World Fisheries and Aquaculture 2018”, il nostro mare è quello maggiormente devastato dalla pesca intensiva, che sta letteralmente distruggendo ecosistema e vita all’interno del mare.
Inoltre, il 90% dei pesci viene pescato oltre quelli che sarebbero i limiti di legge.
In particolare, tra il 2016 e il 2017 in Italia sono state registrate almeno 10.000 ore di pesca illegale, realizzata con le reti a strascico, in zone e tempi nei quali non sarebbe dovuta avvenire.
Tutto questo avviene in violazione delle norme e in contrasto con la natura, mentre i pescatori illegali hanno continuato ad agire indisturbati contribuendo così allo svuotamento del nostro mare.
Quello che ci attende, proseguendo con questi ritmi, è un Mediterraneo senza pesci.
Inoltre, come abbiamo documentato anche nel nostro video, una delle pratiche più terribili per i mari è quella della pesca a strascico, e cioè quella tecnica che prevede il trascinamento per ore di una rete enorme, finché non ha raccolto più pesci possibili.
Questa pratica comporta una distruzione sistematica del fondale, che ovviamente subisce danni ingenti a causa della rete, e l’imprigionamento di diversi pesci in modo totalmente indiscriminato.
Non importa che siano pesci vendibili, commestibili, interessanti per il mercato, saranno uccisi tutti in ogni caso, in un ciclo di spreco di vite senza fine.
TUTTO QUELLO CHE POSSIAMO FARE
La richiesta di pesce nel mondo ha superato di molto i dati relativi al consumo di carne di altri animali.
Ed è su questo che possiamo agire. Il primo colpo che possiamo dare, la prima azione concreta, è quella che tocca le scelte personali, piccole, semplici, ma rivoluzionarie.
L’importante infatti è non restare indifferenti di fronte a tutto questo, di fronte a mari che ormai sono rovinati da plastica e inquinamento e a tutte queste vite sprecate.
Come cittadini e consumatori, possiamo fare tante scelte diverse. E la prima scelta possibile, quella rivoluzionaria che cambierà tutto, è scegliere la compassione.
Questo implica compiere azioni mirate, come diminuire drasticamente i consumi di pesce o smettere di consumarlo in toto.
È questa l’unica soluzione possibile che salverà vite e mari.